21/09/13

Paganini e la gastronomia

La ricetta del ripieno dei ravioli alla
genovese scritta di pugno da Paganini
nel 1839
Anche se Paganini non poteva cavarsela ai fornelli come il collega Rossini, era tuttavia un buongustaio.

Nel suo carteggio viene spesso menzionato il magnifico minestrone alla genovese preparato dalla mamma, la signora Teresa. 
In una lettera da Venezia, del 1816, scrive alla madre: "Io sono allegro, ma lo sarò ancor di più se vi tratterete bene a tavola e desidero vi comperiate del buon vino Monferrato e vi cibiate di buone vivande e facciate stare tutti della famiglia allegri, altrimenti io sarò malcontento".
Più tardi, scrivendo al Germi, rammenta le preziose vivande preparate dalla vezzosa signora Antonietta, la farinata alla genovese e i  ravioli alla genovese della signora Camilla (futura moglie di Germi): "Ogni giorno di magro e anche di grasso, sopporto una salivazione rammentando gli squisiti ravioli che tante volte ho gustati alla tua mensa”.

Cultore della cucina ligure, amante della cioccolata che era solito prendere al mattino, Paganini non manca di osservare con una vena ironica le abitudini britanniche: "Gli inglesi prendono le pillole a tavola  e anche prima e dopo l'insalata, indi vomitano se occorre e tutto aggiustano col thè".

Nel 1839, ormai prossimo alla fine, scrive in una lettera la ricetta richiestagli del ripieno dei ravioli alla genovese:

Per una libra e mezza di farina due libre di buon manzo magro per fare il suco. Nel tegame si mette del butirro, indi un poco di cipolla ben trittolata  che soffrigga un poco. Si mette il manzo e fare che prenda un po’ di colore.
E per ottenere un suco consistente si prende poche prese di farina, ed adagio adagio si semina in detto suco affinché prenda colore.
Poi si prende della conserva di pomodoro, si disfa nell’acqua, se ne versa entro alla farina che sta nel tegame e si mescola per scioglierla maggiormente, ed in ultimo si pongono entro dei fonghi secchi ben tritolati e pestati ed ecco fatto il suco.
Ora veniamo alla pasta per tirare le foglie senza ovi.
Un poco di sale entro alla pasta gioverà alla consistenza della medesima.
Ora veniamo al pieno.
Nello stesso tegame con la carne si fa in quel suco cuocere mezza libra di vitella magra, poi si leva, si tritola e si pesta molto.
Si prende un cervello di vitello, si cuoce nell’acqua, poi si cava la pelle che copre il cervello, si tritola e si pesta separatamente come come .
Si prende un pugno di borage chiamata in Nizza Boraj, si fanno bollire, si premono molto, e si pestano come sopra. Si prendono tre ovi che bastano per una libra e mezza di farina.
Si sbattono e uniti e nuovamente pestati insieme tutti gli oggetti sopranominati, in detti ovi ponendovi un poco di formaggio parmigiano. Ecco fatto il pieno.
Potete servirvi del cappone in luogo del vitello, dei laccetti in luogo di cervello, per attenere un pieno più delicato. Se il pieno restasse duro si mette del suco.
Per i ravioli la pasta si lascia un poco molla.
Si lascia per un’ora sotto coperta da un piatto per ottenere le foglie sottili.


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